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IL MODELLO INTERAZIONISTA

Datemi una barca , disse l'uomo.

E voi, a che scopo volete una barca, si può sapere, domandò il re.
Per andare alla ricerca dell'isola sconosciuta, rispose l'uomo.

Sciocchezze, isole sconosciute non ce ne sono più: sono tutte sulle carte.

Sulle carte geografiche ci sono solo isole conosciute

E qual è questa isola sconosciuta di cui volete andare in cerca.

Se ve lo potessi dire allora non sarebbe sconosciuta. (José Saramago)

Quali caratteristiche teoriche e pratiche contraddistinguono la psicologia interazionista? Di seguito proverò a rispondere a questa domanda, sia con lo scopo di farti conoscere l'approccio sia con quello di preparare il terreno nel caso in cui volessi contattarmi, aiutandoti a avere le giuste aspettative. Ma prima di presentarti il modello, voglio fare una considerazione generale.

L’efficacia di un percorso è dettata solo in parte dal modello di appartenenza, un ruolo altrettanto fondamentale è l’alleanza terapeutica che tu e il tuo psicologo costruirete. Oltre il modello, considera anche le sensazioni di fiducia, di apertura e agio che provi nei primi incontri. 

Ma torniamo a noi, all’interno del vasto panorama di approcci psicologici, cosa contraddistingue il modello interazionista? 

Secondo l'interazionismo, il malessere che ciascuno di noi può vivere nell’arco della propria vita, è una condizione temporanea di disallineamento tra la nostra identità (ossia l'idea che abitiamo di noi stessi), i ruoli che impersonifichiamo (ossia le aspettative che riteniamo gli altri abbiano verso di noi), il contesto e gli altri significativi. Questi elementi nel corso della nostra vita si combinano tra di loro formando un'alchimia di equilibri sempre diversi e talvolta fonte di disagio. Ciò che li mantiene uguali a sè stessi o che consente di modificare il loro assetto è racchiuso nei seguenti tre elementi: la narrazione (le storie che abitiamo), l'interazione (il modo di relazionarci) e le azioni che compiamo per tentare di risolvere i nostri problemi.

L’ambizione del modello non è la perfezione, non è rendere invincibili le persone che transitano dallo studio, ma creare un nuovo equilibrio tra identità-ruoli-contesto tale da avere una migliore e più efficacie capacità di muoversi nelle relazioni e un rapporto equilibrato con sé stessi. La consulenza dello psicologo interazionista mira ad essere una risposta efficacie a quello che è considerato un problema. Anche quando i disagi che viviamo ci sembrano dei macigni irrisolvibili: per usare le parole di Watzlawick 

Grandi problemi non sempre richiedono grandi soluzioni.

L'obiettivo generale dell'intervento interazionista non è portare l'individuo a conformarsi alle regole e ai valori del contesto, ma rendere la persona un agente attivo nell'interazione con i contesti - e quindi gli altri -, in grado di ricostruire una dimensione partecipativa in cui possano trovare terreno fertile i suoi modi di essere. 

Nella pratica clinica, lo scopo non è la correzione del difetto, ma la valorizzazione delle risorse e lo sviluppo di competenze.

L'interesse primario dello psicologo interazionista, di fronte al racconto di chi ha deciso di rivolgersi a lui, non è la classificazione della psico-patologia che meglio rispecchia il vissuto, ma comprendere i modi che mantengono la persona, la coppia o la famiglia nella stessa situazione di disagio. Le differenze tra individui sono configurate come modi soggettivi di relazionarsi con il mondo che si costruisce nel tempo. Per questo, l'intervento non è un processo di cura della malattia ma

un percorso che mira ad ampliare le possibilità biografiche, senza ricondurre una storia unica ed irripetibile dentro caselle precostituite, esaltando le sfumature

Per perseguire gli scopi illustrati si costruiscono insieme alla persona obiettivi specifici, strategie e interventi ad hoc per ri-leggere il problema sotto altri punti di vista e ristabilire le condizioni affinché la persona riesca ad avere nuovi modi di gestione del problema.

Più che ad una ricerca di risposte e soluzioni, il lavoro in studio assomiglia ad un tentativo articolato di guardare la domanda da prospettive diverse, considerando le persone gli unici esperti della propria vita.


Concludendo...

Cosa non è un modello teorico psicologico (incluso quello interazionista)

Non è una filosofia di vita. Non è uno strumento educativo o pedagogico. Il modello è uno strumento a disposizione del terapeuta volto a comprendere il mondo delle persone che si rivolgono a lui, il sistema di funzionamento dell’altro, il modo con cui partecipano alle relazioni e come tutto questo contribuisce alla creazione delle proprie difficoltà, siano esse corporee, emotive e cognitive.


Alcuni cenni teorici ed epistemologici.

L’interazionismo deriva dall’Interazionismo Simbolico, una disciplina alle cui spalle ci sono G. H. Mead, H. Blumer, E. Goffman e che ha origine in ambito sociologico. Questa disciplina, proponeva di considerare le interazioni il “luogo” in cui la mente, e quindi il nostro modo di pensare, si sviluppa negli anni, ha origine e mutamento. Tale disciplina è stata considerata per la prima volta in Italia  come uno strumento psicologico e psicoterapeutico circa 40 anni fa da Alessandro Salvini, che ne ha incardinato i principi e messi a disposizione degli psicologi. Il modello interazionista dunque offre allo psicologo un possibile modo, flessibile e aperto, di comprendere gli altri, al fine di creare strategie ad hoc. L’epistemologia sulla quale poggia è quella Costruttivista, per la quale la realtà psicologica, incluso il modo in cui percepiamo il mondo, non ha una valenza ontologica. Il che significa che è solo dall’accordo interpersonale e dal rapporto con gli altri che arriviamo a considerare qualcosa come vero più di altro, che arriviamo ad essere certi che le cose stiano in un certo modo. Ma questo non è altro che l’effetto di un modo di concepire la realtà. Per l’epistemologia costruttivista non c’è una realtà da scoprire intorno a noi, siamo abitati da certezze la cui materia prima sono delle congetture, delle argomentazioni storicamente e contestualmente considerate vere. sono reali però gli effetti di quello che consideriamo come reale. Questo non significa che chi si rivolge allo psicologo non viene preso sul serio. Questo modo di pensare è utile allo psicologo per ampliare le possibilità del proprio interlocutore e ragionare altri scenari possibili, ma quello che le persone considerano vero, l’origine delle loro sofferenze, viene sempre trattato con immenso rispetto.

Il modello: Chi sono
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